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Spazi che non sapevamo di avere: il potenziale nascosto delle case italiane

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di Redazione

30/07/2025

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In un’epoca in cui la casa è tornata ad essere il centro gravitazionale della vita quotidiana, il nostro modo di abitare si sta trasformando rapidamente. Una trasformazione che non riguarda solo lo stile, i materiali o la tecnologia, ma tocca anche la percezione stessa dello spazio. In questo contesto, stanno emergendo protagonisti inattesi: ambienti dimenticati, angoli trascurati e volumi residui che, improvvisamente, acquistano valore. Uno degli esempi più emblematici è rappresentato dai sottotetti urbani, spesso trascurati nel passato, ma oggi al centro di una nuova sensibilità abitativa e progettuale. In città come Milano, dove la densità abitativa è elevata e lo spazio è un bene sempre più raro, il recupero del sottotetto è diventato un tema architettonico e sociale di grande attualità. Aziende come Sanseverino Costruzioni lavorano da anni su questo tipo di interventi, coniugando tecnica, normativa e visione urbanistica per restituire senso e funzione a spazi che un tempo erano soltanto interstizi abitativi.

Un cambio di paradigma: dallo “spazio utile” allo “spazio possibile”

Fino a qualche decennio fa, lo spazio domestico era concepito secondo una logica funzionalista: ogni ambiente doveva servire a qualcosa. Soggiorno, cucina, camera da letto, bagno. Gli spazi intermedi, come corridoi, sottotetti, cantine o verande, erano considerati accessori, e spesso venivano ignorati o riempiti di oggetti inutilizzati. Ma la pandemia, lo smart working, e più in generale il ritorno a una vita domestica più intensa, hanno cambiato le carte in tavola. Oggi cerchiamo spazi di respiro, zone ibride, ambienti flessibili che possano trasformarsi a seconda dei momenti e dei bisogni: una stanza per lavorare, un angolo per leggere, un rifugio silenzioso lontano dal rumore urbano. In questa prospettiva, il sottotetto smette di essere un “deposito polveroso” e diventa un bene spaziale prezioso, da modellare con intelligenza architettonica.

I sottotetti: risorsa nascosta o limite architettonico?

Naturalmente, non tutti i sottotetti possono essere recuperati. Esistono limiti strutturali, vincoli normativi, problematiche legate all’illuminazione, alla ventilazione o all’altezza utile. Tuttavia, molti edifici costruiti tra gli anni ‘30 e ‘70, soprattutto nelle aree urbane, nascondono veri e propri “tesori volumetrici” non ancora valorizzati. Ecco alcuni motivi per cui il recupero di un sottotetto può rappresentare un’opportunità concreta:
  • riqualificazione senza consumo di suolo: si agisce sull’esistente, senza espandere la città;
  • valorizzazione del patrimonio edilizio: migliora il valore economico e funzionale dell’immobile;
  • efficientamento energetico: un sottotetto ben isolato contribuisce al risparmio termico dell’intero edificio;
  • flessibilità d’uso: lo spazio può diventare una camera, uno studio, una palestra domestica o un mini-appartamento.

La casa come organismo vivo

In fondo, la casa non è un contenitore statico, ma un organismo vivo che si adatta a chi lo abita. E come ogni organismo, ha potenzialità inespresse che spesso sfuggono a un primo sguardo. Il recupero degli spazi residuali, e in particolare dei sottotetti, è un atto di cura e di ascolto verso l’ambiente costruito: un modo per riconoscerne il valore intrinseco e restituirgli una funzione nel presente. Questa filosofia di “abitare espanso” si sta diffondendo anche nelle piccole città e nei borghi, dove il sottotetto può diventare un’estensione della casa familiare o uno spazio indipendente per i figli adulti. Ma è nei contesti urbani più saturi, come Milano, che il tema assume anche una valenza politica e urbanistica: si tratta di rigenerare senza demolire, di fare spazio senza invadere nuovo territorio.

Una nuova consapevolezza abitativa

Il futuro dell’abitare non sarà fatto solo di nuove costruzioni avveniristiche, ma anche, e forse soprattutto, di una nuova consapevolezza dello spazio esistente. Conoscere e valorizzare i luoghi “nascosti” della casa significa anche rivedere il proprio rapporto con l’ambiente, con la città, con la memoria architettonica. E allora, forse, la prossima rivoluzione edilizia non verrà dai cantieri, ma da una botola, da una scala a scomparsa, da un vecchio soffitto spiovente. Da uno spazio che non sapevamo di avere, e che oggi, più che mai, merita di essere abitato.
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